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6 Ottobre 2021

6 Ottobre 2021

La sanità del futuro tra professioni evergreen e nuove competenze digitali

Intervista ad Antonio Panarello, responsabile della divisione P.A., Sanità e Utility di Manpower

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Il settore sanitario in Italia è da diversi anni affetto da una carenza di personale strutturale, evidenza che durante questo anno e mezzo di pandemia è divenuta urgenza la cui soluzione non è più procrastinabile. Degli strumenti per affrontare il problema del talent shortage e delle prospettive lavorative a medio e lungo termine nelle strutture sanitarie sia pubbliche che private abbiamo parlato con il dottor Antonio Panarello, Responsabile della divisione Pubblica Amministrazione, Sanità e Utility di Manpower.

Dottor Panarello, il mondo del lavoro è stato duramente colpito dalla pandemia, non però in maniera inattesa: gli osservatori concordano sul fatto che la situazione di emergenza sanitaria abbia in realtà impresso un’accelerazione a fenomeni già in atto. Ci spiega quali sono le tendenze che il presente ha portato alla luce?

Accanto all’annosa questione della carenza del personale sanitario, quest’ultimo anno e mezzo ha fatto emergere con forza l’importanza di mettere al centro la persona, fornendo agli operatori del settore sanitario, sia pubblico che privato, le più idonee capacità organizzative, anche per quanto riguarda metodi e procedure di lavoro in grado di adeguarsi in maniera agile alla complessità delle strutture sanitarie. Con uguale urgenza è da affrontare il tema delle soft skills, come la capacità di ascolto o di counseling sia verso il paziente che verso i propri colleghi. Fondamentale infine il tema della trasformazione digitale, e delle conseguenti e necessarie competenze richieste in una sanità che utilizza le nuove tecnologie in tutta la filiera, dalla prevenzione alla diagnosi, dalla cura al monitoraggio, al fine di rafforzare l’assistenza territoriale e limitare il carico sugli ospedali.

La centralità assunta dagli operatori sanitari in questa fase è destinata a permanere anche nel prossimo futuro?

Assolutamente sì: People first sarà sempre più un vero e proprio assioma sia nella gestione del paziente che in quella delle risorse umane all'interno dell'ambiente sanitario, e ancor più diventerà il perno attorno al quale riorganizzare l’intero sistema. Lo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede un forte investimento nell’integrazione di un sistema socio-sanitario che ponga grande attenzione ai cittadini da un lato e dall’altro agli operatori sanitari, dal personale infermieristico ai terapisti della riabilitazione.

Quali sono le nuove professionalità e le nuove competenze richieste agli operatori sanitari, gettando uno sguardo sul medio e lungo periodo?

La centralità assunta dall’intelligenza artificiale dalle nuove tecnologie nella filiera della sanità richiederà la formazione e lo sviluppo di nuove competenze, penso al mondo dell’ingegneria clinica e biomedica, ad esempio, o all’attività che diventerà di competenza dei data scientist. Ovviamente sarà necessario prevedere anche un costante reskilling dei profili già esistenti, come gli infermieri, che dovranno avere una sempre maggior confidenza con la gestione delle tecnologie di monitoraggio o del Fascicolo Sanitario Elettronico, strumento quest’ultimo destinato a diventare sempre più centrale soprattutto in quell’orizzonte di integrazione tra servizio sociale e sanitario di cui parlavamo prima. Stessa necessità di aggiornamento per i terapisti della riabilitazione, destinati ad assumere crescente importanza per l’invecchiamento della popolazione, che avranno l’esigenza di utilizzare nuovi strumenti come la visione artificiale, e gli operatori socio-sanitari che dovranno confrontarsi con la telemedicina e i nuovi strumenti di monitoraggio del paziente. Insomma, accanto all’introduzione di nuove professionalità diventa inevitabile un’evoluzione di tutti i profili tradizionali, che dovranno essere dotati di quelle digital skill che consentano loro di utilizzare in maniera fluida gli strumenti che la tecnologia metterà a disposizione delle strutture, che diventeranno sempre più evolute e al servizio del paziente.

Quali sono, sempre rimanendo in ambito sanitario, le professioni “evergreen”, non destinate a subire mutamenti significativi?

La professione evergreen per eccellenza probabilmente è quella dell'infermiere, sempre più al centro dell'assistenza al paziente e che sarà destinato anche alle case-ospedali di comunità, per le quali sono stati previsti 2 miliardi di investimenti del PNRR: nuove strutture – ne sono previste circa 1300 su tutto il territorio nazionale – nelle quali si compie quella integrazione tra parte sanitaria e sociale necessaria a rafforzare i servizi di prossimità, riducendo drasticamente, ad esempio, i Codici bianchi di accesso al Pronto Soccorso, o seguendo pazienti e famiglie sul territorio al fine di rendere il più organico possibile l’approccio del sistema sanitario territoriale. Come si diceva prima, anche i terapisti della riabilitazione saranno un profilo probabilmente evergreen anche considerando l'avanzamento dell'età media: l’Intelligenza Artificiale e la realtà virtuale consentiranno loro di essere sempre più al fianco dei pazienti. Studi internazionali di recente pubblicazione ci confermano che assistenti domiciliari, infermieri, operatori socio-sanitari cresceranno con ritmi più sostenuti degli operatori del terziario o dell’industria in tutto il mondo da qui al 2030.

A suo avviso i giovani sono adeguatamente formati a intuire quali settori saranno, nel medio periodo, quelli su cui puntare per indirizzare adeguatamente la propria formazione culturale e professionale?

Sarà sempre più importante orientare efficacemente i giovani al mondo del lavoro, soprattutto in maniera molto pratica. È fondamentale rafforzare non solo il percorso di formazione canonico, che prevede già dei tirocini di affiancamento all'interno dei normali percorsi di studio, ma anche quelle sinergie che si possono creare fra la scuola e università, istituzioni e stakeholders, coinvolgendo anche le agenzie private come Manpower per garantire un orientamento e una formazione costanti nel tempo. Il career providing dovrebbe essere in grado di intercettare cambiamenti ed evoluzioni che diventano sempre più rapidi, così come si dovrebbero fornire gli strumenti adatti ad orientarsi nei periodi di crisi per affrontare ogni necessità gestionale e riorganizzativa, che come abbiamo potuto toccare con mano durante la pandemia diventa indispensabile.

Al di là della professione specifica, ci sono delle competenze, anche di natura trasversale, che possono facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di domani?

Già prima della pandemia era emerso che l’umanizzazione delle cure e la persona al centro di tutta l’attività del sistema sanitario sono aspetti assolutamente indispensabili per fornire il miglior servizio al paziente. L’emergenza sanitaria ha reso questi aspetti cogenti, soprattutto nel momento in cui ai parenti dei pazienti ricoverati non è stato più concesso di assistere i propri cari: in questo senso diventano dirimenti alcune competenze trasversali. Di recente Manpower Group ha portato avanti assieme a EY e Pearson una ricerca internazionale sulle soft skills valide per ogni settore e per ogni figura professionale, individuandone cinque: tra esse, due sono fondamentali a mio avviso in sanità, ossia l'apprendimento attivo e il comprendere gli altri. Quando viene selezionato il personale sanitario è dunque necessario valutare attentamente queste competenze, anche quando, come durante la pandemia, occorreva scegliere velocemente il personale: le capacità relazionali, in un contesto di questo tipo, si sono rivelate infatti di grandissima importanza.

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