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20 Settembre 2021
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20 Settembre 2021

La sanità del futuro: digitale e sostenibile. Intervista a Veronica Jagher, Director Industry Solutions Health Microsoft Western Europe

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Il futuro della sanità guarda al digitale: i 19,7 miliardi destinati dal PNRR alla Sanità, Missione 6 del Piano, saranno utilizzati per il rafforzamento dell’assistenza sanitaria territoriale anche attraverso l’implementazione della telemedicina e per l’innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN. Abbiamo rivolto alcune domande a Veronica Jagher, Director Industry Solutions Health Microsoft Western Europe, per capire quali siano le prospettive di sviluppo del sistema sanitario attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.

Dottoressa Jagher, l’anno e mezzo che abbiamo alle spalle è stato imprevedibile per ogni settore, ma l’impatto sulla sanità è stato particolarmente intenso, e ha rivelato la necessità di profonde trasformazioni delle organizzazioni, non più procrastinabili, soprattutto per quel che riguarda le infrastrutture digitali. Ci sono tecnologie che erano già in campo e che si sono dimostrate particolarmente utili nella gestione dell’emergenza?

Se devo menzionare una piattaforma che ritengo sia stata particolarmente utile quando è scoppiata la pandemia per permettere alle organizzazioni sanitarie di continuare ad erogare i servizi, soprattutto alle persone più fragili, credo che questa sia Teams.

Le organizzazioni che già utilizzavano piattaforme di collaborazione al loro interno per permettere uno scambio tra professionisti, medici, infermieri sono riuscite a sfruttare la tecnologia per poter continuare a interagire con i cittadini: penso a pazienti con patologie croniche, o che avessero l’esigenza di continuare a dialogare con il proprio medico ma impossibilitate a muoversi o disincentivate a frequentare gli ospedali, soprattutto durante il primo lockdown.

Faccio un esempio su tutti, quello dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, che è riuscito a spostare su digitale, nell’arco di poche settimane, tutte le visite di pazienti affetti da malattie croniche sfruttando la nostra piattaforma di collaboration, che già era ampiamente utilizzata all’interno dell’Istituto.

Esistono tecnologie che sono nate durante la pandemia e sviluppate ad hoc per far fronte alle nuove esigenze emerse?

Più che sviluppate, sono state personalizzate tecnologie già esistenti per rispondere alle esigenze emerse durante la pandemia. Penso ad esempio all’Healthcare Bot di Microsoft, piattaforma sviluppata alcuni anni fa dal nostro laboratorio di Ricerca e Sviluppo in Israele, che ha visto lo sviluppo di modelli specifici per supportare i cittadini nelle procedure di autovalutazione specifiche per il Covid.

Allo scoppio della pandemia, come sappiamo, sono stati presi d’assalto i centralini, non dimensionati per un carico di chiamate così cospicuo, con il risultato che molti cittadini hanno trascorso spesso ore senza ricevere una risposta, recandosi talvolta direttamente nelle strutture sotto pressione e impossibilitate a smaltire un tale carico di lavoro. I chatbot, la cui struttura è personalizzata a partire dai protocolli definiti dalle organizzazioni sanitarie, danno la possibilità di avere una finestra di dialogo disponibile 24h/7, che non fa altro che riproporre le domande che farebbe un operatore telefonico, permettendo al cittadino di procedere con l’autovalutazione e comprendere il da farsi se si manifestano sintomi riconducibili all’infezione da Sars-CoV-2.

Tra marzo e aprile del 2020 in tutto il mondo sono stati implementati 1250 chatbot, che hanno interagito con 18 milioni di cittadini per un totale di 160 milioni di messaggi. In Italia il nostro Healthcare Bot è stato implementato in varie strutture, dallo Spallanzani di Roma al Gaslini di Genova all’Asl 3 di Napoli. Guardando all’Europa, nell’arco di 4 giorni è stato implementato nella Capital Region di Copenhagen - portando a una riduzione nell’arco di poche ore del 30% delle chiamate effettuate al centro servizi della regione – e in tutto il sistema sanitario irlandese. Il risultato è stato da un lato un alto livello di soddisfazione dei cittadini, dall’altro la possibilità per le organizzazioni sanitarie di liberare risorse fondamentali per la gestione dell’emergenza.

Nella gestione digitale dei dati sanitari si pone in maniera urgente il problema della privacy: possiamo considerarla al sicuro?

La protezione dei dati è una delle priorità di Microsoft: i dati sanitari soprattutto sono estremamente sensibili, e anche un potenziale soggetto di attacchi da parte di organizzazioni criminali. Per questo si dedica la massima attenzione alla data privacy e alla compliance. Tutte le piattaforme rilasciate da Microsoft sono conformi al GDPR, il Regolamento europeo per la protezione dei dati. Abbiamo un sito dove vengono pubblicate tutte le certificazioni di livello globale, nazionale o regionale che le nostre piattaforme ottengono da enti esterni.

Il nostro Cloud è quello che ha ottenuto più certificati a livello mondiale. Al di là dell’attenzione spasmodica sul tema sicurezza delle piattaforme, Microsoft è l’unica azienda ad avere una proposizione ibrida. Le organizzazioni sanitarie hanno infatti l’esigenza di conservare alcuni dei dati on premise: Microsoft, grazie alle sue soluzioni di Cloud ibrido, permette alle organizzazioni, una volta fatto un assessment dei dati raccolti, di decidere in maniera cosciente quali dati mantenere on premise e quali dati invece portare sul Cloud.

Quali sono gli ambiti di applicazione più promettenti o più urgenti della telemedicina?

La sfida più importante del sistema sanitario è la sostenibilità, ovvero la capacità di erogare il miglior servizio possibile a tutti coloro che ne abbiano bisogno. Durante la pandemia uno dei problemi più rilevanti a livello globale è stato la mancanza di equità dei servizi sanitari, l’impossibilità di curare in maniera equa tutti i cittadini. Una sfida che si pone con particolare urgenza in un mondo occidentale in cui la popolazione invecchia e, con essa, le patologie croniche e le comorbidità che necessitano di ingenti risorse.

La medicina personalizzata, ossia l’applicazione della miglior terapia per ciascun individuo, è la grande promessa del futuro, anche in termini di maggiore equità. Per arrivare a questi risultati le organizzazioni sanitarie devono essere in grado di valorizzare il patrimonio informativo rendendolo fluido – in Microsoft parliamo di Data fluidity - per permettere in qualsiasi momento al medico specialista, all’infermiere, al sistema nel suo complesso di prendere decisioni informate, le migliori possibili. Tutte le tecnologie di intelligenza artificiale, di machine learning stanno già giocando e giocheranno sempre più un ruolo fondamentale in questo futuro di medicina personalizzata, poiché permetteranno di dare risposte puntuali a domande molto specifiche. Questo non sarebbe possibile senza piattaforme Cloud che permettono di analizzare moli enormi di dati, risolvendo lo scoglio della loro interoperabilità e fluidità: dati provenienti non solo dalla storia clinica del paziente, ma che riguardano l’ambiente, la qualità della vita, l’alimentazione.

L’elaborazione di questi dati, estremamente demanding dal punto di vista computazionale, permetterà di muoverci rapidamente verso la medicina di precisione e personalizzata, e quindi di rendere auspicabilmente il sistema sanitario equo e sostenibile.

Microsoft lavora in una dimensione globale, ma volendo rimanere nel contesto europeo ci sono paesi modello nell’utilizzo delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dalla telemedicina?

Se pensiamo all’indice DESI, ovvero l’indice di digitalizzazione dei vari Paesi, la Finlandia è in Europa la “prima della classe”, con una capacità avanzata di valorizzare le piattaforme digitali. Viene da lì uno degli esempi più straordinari, l’Helsinki and Uusimaa Hospital District, ospedale universitario pubblico che circa 6 anni fa ha avviato l’ambizioso progetto dell’ospedale virtuale, il cosiddetto Health Village, creando una struttura parallela che consente al cittadino di scegliere se aderire a un percorso di cura tradizionale in presenza o digitale.

Al di là dei momenti o delle terapie che richiedono necessariamente la presenza fisica del paziente, si possono effettuare in virtuale le visite, la condivisione dei risultati delle cure attraverso per esempio - questionari on line che permettono alla struttura di misurare gli effetti di una determinata terapia sul paziente – e persino la riabilitazione, sfruttando ad esempio tecnologie come Kinect di Microsoft che permettono di tracciare i movimenti della persona e di misurare l’efficacia degli esercizi, andando eventualmente a riadattare il piano con strumenti di AI (ancora una volta parliamo di medicina personalizzata). Attraverso il coinvolgimento di associazioni di cittadini, clinici, infermieri, ricercatori, è stata tracciata la mappa dei servizi dell’ospedale digitale; oltre a questo, sono stati creati dei gruppi, di cittadini e operatori sanitari volti a identificare eventuali nuovi bisogni ed esigenze che potrebbero emergere da questa tipologia di servizi.

Il risultato è una piattaforma che è una vera e propria “cassetta degli attrezzi” a disposizione del professionista, che attraverso questo corredo di strumenti digitali – il chatbot, la visita virtuale, il questionario – può costruire il proprio un percorso di cura senza che ci sia un dipartimento IT che lo faccia per lui. Oggi ci sono 120 strutture virtuali per la salute e sono stati sviluppati circa 200 percorsi di cura, dalla maternità al diabete all’oncologia, e il livello di soddisfazione da parte di pazienti e personale sanitario è particolarmente elevato.

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