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29 Ottobre 2021

29 Ottobre 2021

Facciamo cultura raccontando la scienza attraverso la bellezza

Intervista a Gianluca Ansalone, Head of Public Affairs di Novartis Italia

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Dott. Ansalone, voi avete realizzato un cortometraggio molto poetico che intende sollevare una riflessione sull'importanza della Ricerca. Come vi è venuta l’idea di utilizzare il mezzo cinematografico? Che esigenza sentivate di dover soddisfare?

Promuovere la cultura scientifica è uno dei nostri obiettivi principali: nelle fasi più acute dell’emergenza pandemica abbiamo operato sul campo in vari territori, in prima linea, come si dice, ma abbiamo anche fin da subito pensato che era fondamentale poter cogliere, pur nella drammaticità della situazione, quanto di positivo poteva emergere, individuandolo nella rinnovata centralità della scienza e della medicina. Se in passato il rapporto di fiducia tra scienza e cittadini si è incrinato, crediamo che oggi sia possibile e proficuo, per una società matura, ricostruirlo. Novartis, che si sente parte di questa “missione”, ha scelto di farlo in maniera forse non convenzionale per una casa farmaceutica, ossia parlando alle emozioni: di qui nasce Reimagine, il corto che abbiamo portato ai Festival di Venezia e Giffoni, per raccontare la ricerca da un’altra prospettiva. Nella stessa direzione va un altro progetto, appena inaugurato, Mudimed (www.mudimed.it), il primo Museo digitale della storia del metodo scientifico in medicina, inaugurato con il Ministro Dario Franceschini lo scorso 20 ottobre: abbiamo coinvolto un comitato scientifico di primissimo ordine, coordinato da Giuliano Volpe, di cui fanno parte, tra gli altri, Arnaldo Colasanti, Barbara Galavotti e Guido Silvestri, per l’allestimento delle sale virtuali che ospitano alcune opere d’arte custodite nei principali musei italiani rivelando le teorie e le conoscenze scientifiche coeve e ispiratrici delle opere stesse, e dunque lo stretto legame tra scienza, società e cultura. Sono entrambe iniziative che hanno l’obiettivo di raccontare, attraverso i linguaggi artistici, dunque attraverso la bellezza, l’emozione, la creatività, la scienza e il metodo scientifico.


Quello che mi sembra di comprendere, anche dal vostro progetto di “narrative paper” che intende riflettere sui cambiamenti necessari alla sanità del futuro, è che attribuite un ruolo fondamentale a un cambiamento culturale, sociale: in che modo la medicina e la ricerca possono agire su questo cambiamento?

Credo che ancora una volta occorra partire da cosa ci ha insegnato la pandemia: se prima il nostro modo di percepire il sistema salute si basava sulla dicotomia individuo sano versus individuo malato, con il Covid abbiamo capito come la salute o la malattia di ognuno abbiano un impatto diretto sulla collettività, e quanto siano importanti sia la prevenzione sia il modo in cui il soggetto malato viene curato, preso in carico dalla comunità di riferimento. Oggi la quasi totalità della spesa sanitaria nel nostro Paese è indirizzata alla cura, solo il 5% alla prevenzione: è una proporzione che non può più reggere, e la pandemia ce lo ha mostrato, determinando appunto un cambiamento culturale, di percezione. Allo stesso modo ci ha mostrato il valore della collaborazione, ad esempio quella tra aziende, istituzioni, cittadini; e ancora il valore del fallimento, perché per arrivare a una innovazione vincente, ad esempio la sintesi di una nuova molecola, si passa attraverso innumerevoli tentativi non riusciti. Occorre restituire pieno valore alla ricerca, che costa tempo e denaro ma che è in grado di restituire poi tutto quanto, in termini di nuovi traguardi, in termini di creazione di posti di lavoro, in termini di valore restituito alla collettività. Torno a rimarcare la necessità di ricostruire un rapporto di fiducia tra istituzioni, scienza e cittadini, che sono tre elementi fondamentali per la costruzione di una società più matura, più partecipe e, come si dice oggi, più resiliente per affrontare le prossime crisi, anche sanitarie.


In che modo un’azienda diventa “alleata” della crescita di un Paese verso un futuro di maggiore sostenibilità ed equità, non solo per quel che concerne il settore della salute ma in generale sul benessere sociale?

Sotto sotto tre aspetti fondamentali. Il primo è apparentemente il più semplice: per ogni euro investito in ricerca farmaceutica se ne generano tre e mezzo circa per la collettività e il sistema produttivo. Ma potrei fare anche un altro esempio molto significativo: ogni giorno di ricovero per un paziente cardiopatico costa alla fiscalità generale circa 1.600 euro, ma oggi abbiamo l'opportunità, attraverso le terapie innovative garantite dalla ricerca, di seguire e curare quei pazienti a casa con un risparmio gigantesco come si può immaginare. Quindi c'è un elemento diretto del contributo che la ricerca e innovazione nelle scienze della vita danno al sistema nel suo complesso. Un altro aspetto attiene più evidentemente a temi di sostenibilità sociale, e anche qui mi viene in mente un esempio immediato: se prendiamo in considerazione le patologie neurodegenerative, oggi attraverso l'innovazione e la ricerca è possibile non soltanto prolungare la vita ma pure garantirne la qualità. Il terzo e ultimo aspetto non meno rilevante è quello della compartecipazione diretto alle grandi sfide economiche e culturali del Paese, perché un'azienda è parte integrante dell'innovazione e del progresso di tutta la collettività e dell'intero sistema Paese. Tutto ciò si collega direttamente con quanto detto precedentemente sulla necessità di promuovere una cultura del metodo scientifico: si tratta di una battaglia di civiltà, della quale le grandi organizzazioni private rappresentano una componente essenziale.


Quali sono le sfide che sentite come prioritarie per il futuro prossimo?

Sfide e opportunità sono tutte ormai concentrate nel PNRR, che contiene una visione strategica finalmente chiara e codificata, ciò che rappresenta il suo più alto valore. Si tratta di una sorta di vademecum sulla base del quale abbiamo l’opportunità di lavorare per riorganizzare la sanità italiana in chiave territoriale, che è a mio avviso la priorità numero uno in termini di governance del sistema complessivo. Altra priorità è garantire un finanziamento adeguato alla salute, all'innovazione e alla ricerca nelle le scienze della vita, dopo decenni di cronico sottofinanziamento. Queste sono le due opportunità enormi sulle quali io mi auguro, personalmente, ci sia una sincera e genuina volontà di collaborare per definire questo disegno. Le sfide sono quelle che il governo ha voluto dettagliare con grande onestà intellettuale, perché oltre i grandi capitoli degli investimenti pubblici c’è anche il bisogno di liberare il sistema dalle incrostazioni di questi ultimi decenni per arrivare a un sistema regolatorio più certo e più moderno, a un sistema di norme e di burocrazia che deve abbracciare l'innovazione e spingerla per consentirci di essere competitivi e per attrarre in questo Paese almeno una componente significativa di quei 10mila miliardi che saranno a breve disponibili per essere investiti, a livello globale, su ricerca, innovazione, sviluppo delle scienze della vita. È una partita cruciale in termini di modernità e competitività, oltre che di salute. L’Italia deve saperla giocarla.

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